Quella fiducia un po’ idiota
La genetica non è una scienza esatta. Grandi musicisti sono figli di impiegati del catasto, come straordinari pittori, di artigiani bottai, pastori di pecore e campanari. Efferati criminali son figli di persone per bene e campioni olimpionici, di chi non ha mai infilato un paio di scarpe da ginnastica
I morti camminano scalzi
Basta un minuto per bruciare all’inferno, il male assoluto gioca su più tavoli, con tutti gli assi del mazzo infilati nella manica. Per Verdun, per la Somme, per Stalingrado, per Katyn, per i lager nazisti, per il Vietnam irrorato di defoliante, per Pol Pot, c’è tempo
A caccia di sopravvissuti
Tutto quello che leggevi, inghiottivi, succhiavi, ammiravi, proclamavi, confutavi, difendevi, tutto quello non erano altro che fantasmi pieni d’odio, falsificazioni e mascherate. Persino i traditori erano falsi
Il lavoro non rende liberi
Céline, dopo la guerra, il Camerun e l’America, conosceva l’incapacità di capire cosa fosse l’adesso e d’intuire cosa sarebbe stato il poi. Non ha lavorato alla catena di montaggio della Ford ma sulle facce degli operai, assunti sull’unghia, assolti dall’eventualità di pensare
Prego, cheese
Cartoline. 10 agosto 1919. Sorridono alla macchina fotografica. Edith e Louis Ferdinand. Sono a Quentin, non a Rennes, dove lei vive con la famiglia. Oggi sposi, con discrezione, pochi invitati. Un colpo di fulmine, diciotto mesi prima
Tutta la sua dolcezza dolente
Il primo libro, Le petit Mouck, papà lo ha scritto nel 1923 e maman Edith lo ha illustrato. La fiaba che Céline non ha vissuto è fiorita in una bimba dal caschetto biondo. Contes de fées, ranocchie in biplano e gufi professori, formiche giudiziose e cicale violiniste, dentro la tana dei volpacchiotti e su, nel nido della cicogna
Sembrava una favola bella
Il giovanotto che da un po’ la segue ha allungato il passo. È a sole tre vetrine… Perché no? Le isobare del cielo che avremo domani sopra la testa, le disegna il vento. Niente di più facile: Elizabeth entra in una libreria e mostra di scorrere lo scaffale più vicino all’ingresso. Non parla francese e la saggistica non sa cosa sia
Il tempo passa sulla faccia come un battistrada sul gatto
Quarant’anni dopo, il battistrada degli anni impresso sul viso, parrucca bionda mal pettinata, sguardo acceso dietro un orribile paio di occhiali, avvoltolata in un’emozione subitanea e vigliacca, sorriderà, subito a suo agio, alla telecamera. Un docente universitario l’aveva cercata e, finalmente trovata
Le andava bene così / La leggerezza di un raggio di sole
Esistono tre figure di donna, quella che ti dà la vita, quella che te la fa conoscere, quella che ti chiude gli occhi
Lucette, omen nomen, è fatta di luce
Il destino è essere odiato
Aveva uno sguardo che arrivava oltre le persone e le cose.
Ha preso il successo per lo stomaco, ha girato il mondo. La gente lo riconosce, gli sorride, le donne la guardano di traverso… ma quando lui diventerà il nemico della porta accanto e i bonjour! taceranno e tanti li scanseranno come contagiosi, lei ci sarà e lo difenderà. La sua bontà era infinita
La sommaria ingiustizia
Il mostro era pelle e ossa. Nel palmo della mano, teneva i denti scalzati dallo scorbuto, sputati con tutte le radici. Corroso dalla febbre, bacato da mille vermi, anchilosato dall’immobilità, stava in piedi solo con il bastone
Il marsupio di Céline
Lucette è stata il marsupio in cui s’è abbandonato, la testa fuori a guardare il mondo da quella prospettiva protetta dall’amore di una donna, la crema lenitiva sulle ustioni per gli anni della paura di finire solo
La donna che ti chiude gli occhi
Arrivava, per primo, il canto dei merli, dopo i notturni degli usignoli. Lei lo aveva pregato di ascoltarli, nelle albe insonni della prigione, e sarebbe stato fuori, lontano, libero, come Robert Stroud, The Birdman of Alcatraz di Thomas Gaddis
Una casa dove soffia il gelido vento
La casa era tutt’altro di un sogno realizzato. Ognuno ha i suoi, di desideri, e li tiene al caldo per tutta la vita in un cantuccio, provando, rinunciando, nascondendosi, rimandando a un giorno che non verrà. Quando sono vicini da poterli toccare, i desideri fanno paura
Bastava parlare. E sorrideva
Il regalo di Natale dello scrittore Marcel Aymé, era il silenzio. Si materializzava come nel suo Passe-Muraille, attraversando i muri della palazzina. Compariva e scompariva
Gli amici si ritrovano sempre
Amici dispersi altrove al termine degli anni, e il ricordo di qualcuno era intristito e più rumoroso dei momenti della verità. Il pittore e musicista Gen Paul. Un filo di coraggio in più, sarebbe bastato per ricucire il taglio, per tornare alla chiatta sulla Senna, in una delle tante serate, prima del disastro
L’ussaro blu e l’Aston Martin rossa
Il dono di Roger Nimier? Forse lo sguardo con cui si erano intesi, Céline e il giovane scrittore, sceneggiatore e critico letterario, consigliere editoriale di Gallimard dal 1956
Pioveva tutta la malinconia del cielo / I cimiteri muoiono dopo
Al funerale erano si e no in trenta. I suoi amici Lucien Rebatet, Roger Nimier, Marcel Aymé, Robert Poulet e l’editore Claude Gallimard. Gladioli, rose, fiori di campo
Muoiono anche i cimiteri, per quanto solenni, monumentali e suggestivi possano essere
La palazzina che acchiappa i pezzi di cielo
La palazzina di Rue des Gardes ha l’aria sinistra come quella di Norman Bates negli stabilimenti Universal di Hollywood. È cupa, nonostante le grandi finestre.
Ho idea che l’aria sibili, da una stanza all’altra, giù e su per le scale